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“Giro di vite”, Piero Mastroberardino: «racconto la forza creativa della sofferenza». FOTO

Pubblicato in data: 11/2/2015 alle ore:11:02 • Categoria: Cultura

Giro di vite, Piero Mastroberardino«In “Giro di Vite” racconto la forza creativa della sofferenza». A parlare è Piero Mastroberardino, professore universitario ed imprenditore vitivinicolo atripaldese, che venerdì scorso, con il patrocinio della Provincia di Avellino, ha presentato il suo ultimo libro presso l’Auditorium del Carcere Borbonico.
Con lui Domenico Gambacorta, presidente della Provincia di Avellino, il giornalista Generoso Picone e lo scrittore Lucio Rufolo.
Ad introdurre il dibattito e a fare gli onori di casa il presidente della Provincia, Domenico Gambacorta: «Il libro racconta di una provincia asfittica, palcoscenico di un evento di cronaca nera. Diviene così urgente dare un senso ad un’esistenza grigia. Risulta alquanto difficile avere simpatia per qualcuno di questi personaggi presi dal dolore per la triste vicenda narrata. Quattro personaggi di una famiglia borghese, preoccupati costantemente dell’immagine di sé più positiva possibile dopo il grave fatto di cronaca.  Il figlio 22enne, all’apparenza spensierato e di una vita perfetta, diventa responsabile in un venerdì sera di una tragedia tipica del sabato sera. Un incidente automobilistico in cui muore Dante, amico di Alex, implica la necessità di dare una versione aggiustata e bonaria dei fatti da offrire agli istinti famelici di una stampa scandalistica alla ricerca di dettagli scabrosi e compromettenti. Una famiglia più interessata alla cura dell’immagine, alla difesa di quel poco che rimane, piuttosto che a costruire o a ricostruire la qualità di relazioni interne, che minano la salute stessa del nucleo familiare, relazioni sfilacciate che al cospetto della tragedia cercano di avere un significato. La mamma che cerca di prendersi cura del figlio Alex all’interno dell’ospedale, quasi al capezzale, difende in maniera eccessiva il figlio quasi a volerlo proteggere da eventuali colpe legate ad uno stato psicofisico alterato. Il padre, dopo questo evento drammatico ed improvviso che ha travolto la sua famiglia, non vuole che questo evento modifichi in maniera eccessiva la normale routine quotidiana, fatta di impegno professionale e relazioni. La figlia diciannovenne forse è l’unica ad avere un minino di rapporto con la verità del fratello, perché ricorda di avere la sensibilità nascosta tipica della sua età. In fondo il libro racconta la pochezza e la fragilità di un tessuto sociale, di una città che fa da cornice a questa storia. Emerge in fondo una colossale stanchezza, un male di vivere dei personaggi che interpretano la propria esistenza in una profonda solitudine dalla quale non riescono ad emergere. La piccola città di provincia non riesce ad essere un luogo di relazioni diverse».
Giro di vite Mastroberardino1Ad analizzare il racconto è il responsabile della redazione de Il Mattino di Avellino Generoso Picone: «Piero ha un’attività artistica varia, intensa. Un artista che spazia nel campo vasto dalla scrittura alla pittura. La vicenda di “Giro di Vite” è abbastanza chiara e delineata, in cui si ha la perdita della propria consapevolezza di vita ipocrita, esterna per voler liberare i personaggi da un’immagine costruita e finta che vanno nel mare aperto come un barca alla deriva. Personaggi inquieti, tutti i personaggi di questa storia in fondo, chi in maniera evidente o chi nella dimensione metaforica, sono questione pura. Un’altra immagine che infonde nel libro è quella della terra di mezzo, è la dimensione in cui si perde la consapevolezza, uno stato d’incoscienza. Nel caso di Alex è la fase in cui si trova in rianimazione, dalla quale si esce dopo un percorso. Il simbolo di una dimensione che sfugge. Questo romanzo coglie inoltre meglio il senso della vita, si perde la consapevolezza di sé, si mette in discussione quello che si era prime e che non si è più. Un momento fortemente drammatico per la vita di Alex dopo un incidente nel quale perde la vita un amico e di cui è responsabile, a cui segue poi il comportamento dei genitori che vogliono salvare e salvaguardare l’apparenza ed il proprio ruolo in un ambiente di provincia. Alex si ritrova così a fare i conti con se stesso.  Piero utilizza un termine preso dal suo lessico professionale, professore di economia, che ha anche un valore centrale nella dimensione di vita in tutti i personaggi, il sinallagma, che è il nesso che lega una prestazione in favore degli altri ad una controprestazione in un equilibro tra le parti. La vita è come questo, una sorta di prestazione uno-altri regolata da un giudice. Una sorta di adempienza, la vita tutta è purché un semplice dono. I personaggi di Piero si muovono in questa definizione di vita, una sorta di sacralità chiusa. La vita non può essere riconsegnata in condizioni migliori e peggiori, come in un sinallagma. E Alex alla fine deciderà di fare un viaggio per liberarsi, per dare un senso importante a quella che è l’esistenza umana, per poter utilizzare ancora una volta la vita per poterla onorare. Su questo ritengo che il libro di Piero sia abbastanza maturo. Inoltre ogni scrittura e narrazione nasce da una ferita, sofferenza nello scrittore».
Giro di vite Mastroberardino2L’autore ha invece letto alcuni passi tratti del libro: «fai tutto lentamente, esci dall’auto, richiudi la portiera azioni il blocca porte. Dai uno sguardo intorno. La forza dell’abitudine più che una volontà di controllare l’integrità dei varchi di accesso al villino….Ancora un occhio all’auto e poi verso l’ingresso. Azioni la maniglia della portiera per controllare che sia ben chiusa…non c’è nulla di peggio di voler sostenere le tesi che hai appena strenuamente confutato, spendere argomenti che hai mal digerito e mostrarti convinto sperando di essere convincente. Ti pare di indossare una maschera. Finché lo fai rivolgendoti al resto del mondo è più che sopportabile, è quasi scontato. Ma in casa tua, con tua moglie, e poi sapendo come è provata da quei giorni di tremenda tensione, angoscia, disperazione. Dovrai davvero chiamare a raccolta tutte le tue energie terrene, quelle più corrotte e compromesse. Per giungere in fondo senza cedimenti, agirando le tue insidie…E già ti sembra di sentirla da prima gridarti contro il suo amore per il suo figlio da farti sentire un verme…e infine capitolare di fronte al tuo abbraccio rassicurante, perché in fondo  ciò di cui ha bisogno una madre trafitta al cuore, con una ferita che sanguina e quella lama che gli resta conficcata senza che un’anima pia si degni di fare qualcosa che possa procurare anche un piccolo sollievo…la sua sofferenza, il suo appiglio alla stessa vita che non si può rescindere senza rescindere la vita stessa».
Piero Mastroberardino evidenzia inoltre il ruolo del padre «che deve tornare a casa a convincere sua moglie che è meglio portare fuori una certa tesi. E quindi c’è tutta la sua sofferenza. In questa mia esperienza artistica vorrei sottolineare infine l’amicizia e l’affetto che sto incontrando in giro. Questo peregrinare di incontri mi ha fatto confrontare con numerosi interlocutori. Un’esperienza importante che mi aiuta a leggere il mio racconto e a leggere molto me stesso. Tutti momenti nei quali si comprende qual è la forza  la valenza del momento di confronto culturale che deve essere messo a terra, tra i nostri piedi, che ci deve consentire di plasmarci e di metterci le mani dentro come nella terra. Ho fatto uno sforzo nella narrazione, quello di contrapporre il pensiero alla parola. E’ stato detto che è un romanzo di introspezione. La sfida, il gioco se si vuole è di far prevalere il modo in cui fluiscono i nostri pensieri, facendoli confrontare con la verità degli altri. Nella pagine trovate quel fluire disordinato e disorganico dei nostri pensieri, delle nostre contraddizioni interiori, dei nostri conflitti, dei nostri dubbi. Questa modalità costituisce un elemento di ricchezza che mi è servita nel condurre il gioco del narratore, un io narrante che continuamente si sveste dei suoi panni, interloquisce con i personaggi, e a un certo punto arriva a parlare con il terrore, a frapporsi o a contrapporsi allo stesso lettore. Su questo modo di esporre ho avuto anche delle critiche. Forse un modo di confondere le idee per chi legge o altre volte un tentativo di porre a chi legge, il più possibile e concretamente, di capire nodi della storia. Perché ho scelto il dolore? Perché è il veicolo, il vettore più forte, profondo e vero, più capace di espressione e quindi tutta l’apparente antinomia tra le sensazioni e le emozioni, si può dipanare bene lungo questo filo conduttore della sofferenza. Perché la sofferenza è di per sé il motore della creazione, il momento di rottura e anche di ricostruzione e rinascita».
Giro di vite MastroberardinoPer lo scrittore Lucio Rufolo il libro racconta l’avvitarsi dell’esistenza umana:«mi è piaciuto, un libro scritto con una capacità di scrittura impietosa su un tema di grande attualità che viene affrontato da Piero Mastroberardino. Coglie le sensazioni ipertrofiche di una società odierna che vive rispettando queste sensazioni che diventino emozioni. Un percorso molto più complicato. Questa storia è una storia in cui assistiamo in tutto il percorso al fatto che le emozioni non possono essere espresse. C’è un’inciviltà delle capacità di espressioni delle emozioni. Raramente c’è una descrizione così precisa di uno stato d’animo. Come accade nella nostra vita in cui in alcune circostanze, come in una terre di mezzo, il corpo e l’anima sono sospese, perché il corpo è continuamente ricco di sensazioni. E’ un romanzo in cui ci sono continue fermate, un viaggio con uno sfondo una cittadina dove il colore predominante è il grigio. In “Giro di Vite” c’è l’avvitarsi a spirale della giostra della nostra vita. Anime inquiete che provano a farsi una ragione delle cose che stanno vivendo, degli avvenimenti e di farsi una ragione delle emozioni. Ed in maniera prepotente cercano di uscire fuori ma purtroppo queste emozioni non hanno una ragione, non la possono avere. Il problema mitologico è che bisogna farsi carico di questo grande peso, come ha detto Generoso, che è lo stato di coscienza. Non solo darsi una ragione delle emozioni ma anche e soprattutto dei contenuti che negli anni questi emozioni hanno portato».

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