La tragedia delle foibe nella testimonianza di Miriana Tramontina all’Ic “Don Milani” di Manocalzati. FOTO
Pubblicato in data: 10/3/2015 alle ore:11:17 • Categoria: Cultura •«Ho sentito il rumore della ruota ferrate, vedevo la mia casa ed i luoghi dove ero cresciuta che man mano si allontanavano dalla mia vista. E poi non ho visto più Fiume. Ho pianto tantissimo. Lacrime che ho asciugato perché non volevo che altri mi vedessero piangere su quel treno che mi ha portato al campo profughi di Roio Pineta nell’Aquila». Ricordi indelebili di una tragedia, quella del massacro delle foibe, nella testimonianza di Miriana Tramontina, esule fiumana sopravvissuta all’eccidio di italiani della Venezia Giulia e Dalmazia da parte dei partigiani comunisti di Tito nell’immediato dopoguerra del secondo conflitto mondiale. Un racconto intriso di emozioni e lacrime che gli anni non possono cancellare «una tragedia di cui i libri di storia non ne parlano. Le foibe sin da ragazzina l’ho sempre considerate tombe senza copertura dove le mani dei vivi che sono stati gettati lì dentro dovevano per forza alzarsi verso il cielo se non altro per pregare che quella tortura finisse, che quel momento non esistesse più. E se qualcuno provava a buttare una bandiera tricolore sopra quelle cavità naturali, la persona non si trovava più. Volevano liberarsi di tutto ciò che fosse italiano. Per questo voglio parlarne con i giovani che diventeranno uomini affinché non abbiano paura del domani».
Preside in pensione, ora vive a Salerno, a quasi 80 anni trova ancora la forza con lucidità di parlare per oltre tre ore ai ragazzi delle classi 4 e 5 della scuola primaria e le terze medie dell’Istituto comprensivo statale “Don Lorenzo Milani” di Manocalzati, raccontando la storia della sua famiglia e di quegli orrori che si perpetrarono «durante l’esodo non ho mangiato per un anno e 9 mesi». La storia della famiglia Tramontina si intreccia con quella di un irpino illustre, il questore Giovanni Palatucci, lo schindler italiano che salvò tanti ebrei dalla furia nazista «come testimonia indiretta ho concorso alla sua beatificazione – racconta la signora Miriana -. Di lui da ragazza ricordo l’eleganza, la serenità e di essere sempre propenso ad aiutare qualsiasi persona. Convinse mia zia, che era ufficiale fascista, a nascondere a casa sua per pochi giorni una famiglia di ebrei».
La preside Flora Carpentiero al termine dell’incontro ha promesso che la storia della signora sarà raccontata dagli alunni in una pubblicazione «un testo che resterà patrimonio di questa scuola perché la sua tristezza è la nostra ricchezza». «L’insegnamento di questa giornata è che i nostri piccoli alunni debbono apprezzare di più quello che hanno – conclude la docente Pina Guarino – senza perdere mai il senso della memoria per evitare che queste tragedie si possano ripetere in futuro. Con questo incontro vogliamo contribuire al recupero del ricordo di questo eccidio che non è presente in molti libri di storia».
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