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Una città in ostaggio, la nota di Raffaele La Sala (Mèl)

Pubblicato in data: 20/12/2011 alle ore:11:13 • Categoria: Merito è Libertà, Politica

raffaele-la-salaLaurenzano, che non ha più una maggioranza (e spera di averla, per quanto politicamente azzoppata, dopo le surroghe) e si tiene cocciutamente in sella con ogni mezzo ed a sprezzo del ridicolo, non è uno spettacolo edificante… Ma risulta altrettanto indecente lo spettacolo offerto, prima e dopo, dal teatrino piedìno e da un’opposizione apparsa incapace di perseguire un qualsivoglia comune disegno, se si esclude qualche modesto interesse di parte. Anzi la spaccatura nel pidì, tra chi si dimette e chi non lo fa (mentre si riaffacciano, con logori abiti di scena, vecchi leader e leader vecchi in servizio permanente), sottintende interessi e strategie politiche così divergenti (siano o no riconducibili al Puc, ad Alvanite, alla cartellonistica di Natale o a qualche acerba ambizioncella) da rendere la rottura insanabile.
In questa situazione, in cui si invocano con disinvolta nonchalance questioni morali, conflitti di interesse e sensi di responsabilità e la lacerazione della maggioranza è irreversibile (e conclamato il fallimento personale e politico di Laurenzano e soci) appaiono francamente inopportune, fino alla dabbenaggine, le modalità con le quali i tre udiccini di lotta e di governo protocollano le proprie dimissioni e successivamente lo fanno anche i due consiglieri del Pdl. Dimissioni alla spicciolata senza uno straccio di concertazione, sostanzialmente e politicamente ininfluenti (prive, com’erano e sono tuttora, non dico di stratetegie, ma persino di elementari tatticismi): a meno che nel suicidio collettivo qualche furbacchione non pensasse di disseminare il percorso di petardi e trabocchetti. Una situazione paradossale, sempre più torbida e confusa, nella quale la maggioranza sfiducia il sindaco, ma non vuole, o non sa, disarcionarlo. Il sindaco sfiduciato annaspa sul terreno viscido di presunti agguati e tradimenti, si trascina (e trascina la Città) nella melma nauseabonda del sospetto ed inquina quel poco o niente che avanza d i buon nome civico e di decoro istituzionale. L’opposizione (nelle composite espressioni udiccina e pidiellina), paralizzata da non definiti quadri di alleanze, passa dall’eccitazione al torpore e rinunzia a percorsi ragionati e concludenti e finisce – immagino senza volerlo – per puntellare le sbandate truppe di Laurenzano alle quali, con generosa inconsapevolezza, regala persino… un consigliere. Conosco l’obiezione… di un Laurenzano che sarebbe, con le dimissioni di 2/3 del gruppo piedino (ed il voto contrario dei quattro del centrosinistra/Cives, ma i due dati non è detto che si sommino)… politicamente delegittimato… e non la commento perché sarebbe facile, specularmente, sostenere che sia stato piuttosto Laurenzano, con le sue intemperanti volubilità prepolitiche, a delegittimare… i partiti. Insomma non è facile raccapezzarsi tra interessi politici trasversali e velleitarie ipocrisie da quattro soldi… Il sindaco – se vuole e sa – parli nelle ufficialità delle sedi istituzionali. E se non vuole, non sa e neppure più… sospetta, stia zitto. Più che ai cavilli procedurali, alle più o meno capziose interpretazioni delle norme, ai paroligismi patologici, la città è interessata a sapere non chi vince e chi perde nel gioco delle tre carte e dei quattro cantoni, ma… se (e con chi) Laurenzano è in grado di amministrare Atripalda, sia pure per i cento giorni di questa coda velenosa di consiliatura e, soprattutto, per fare che. Perché neppure il vendicattivo e capriccioso Aldo, per ragioni non spiegate, può permettersi di paralizzare la città, tenendola in ostaggio di mediocri ambizioni, per le quali anche il più ottuso caporale di giornata può rivendicare i galloni di generale. Per questo, insieme agli amici di “Merito è Libertà“, starò al mio posto, dentro e fuori dell’aula consiliare, senza infingimenti e senza tatticismi, con la serena coscienza di chi ha svolto senza cedimenti e senza compromessi una dignitosa e coerente azione consiliare. Sono stato per quasi cinque anni tra le poche voci che si sono pubblicamente levate contro una amministrazione inadeguata (e non vado oltre per carità di patria), cosa della quale tutti erano consapevoli, ma che tutti tolleravano in nome di…superiori – e spesso non ben noti – interessi. Oggi rinunziare ad essere voce critica nella sede istituzionale -nel la ribadita inefficacia del gesto delle dimissioni- mi sembrerebbe una diserzione, un atto di viltà. E poi… perché negarsi, in un malinconico Aventino, la soddisfazione di aver avuto ragione?

Raffaele La Sala
Consigliere comunale “Merito è Libertà”

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