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Terremoto al Comune, Il Tar di Salerno accoglie il ricorso del consigliere Pacia per la mancanza della quota rosa: Giunta annullata. Decadono così i cinque assessori. Leggi la Sentenza

Pubblicato in data: 6/12/2012 alle ore:02:00 • Categoria: Attualità, Comune

tar-salernoTerremoto al Comune di Atripalda, il Tar di Salerno accoglie il ricorso del consigliere Pacia: Giunta Spagnuolo annullata. Decadono così i cinque assessori. In tarda serata è stata resa nota la sentenza della sezione 2 del Tribunale amministrativo. A ricorrere al Tar di Salerno contro la composizione della Giunta Comunale di Atripalda senza quota rosa è stato il consigliere comunale del Psi Ulderico Pacia, appoggiato dalla sezione cittadina, eletto nella lista con Spagnuolo ma subito dopo passato all’opposizione. E così con la sentenza del Tribunale amministrativo decade tutta la giunta della cittadina atripaldese composta dal vicesindaco del Pd Luigi Tuccia, da due assessori dell’Udc (Antonio Iannaccone e Giuseppe Spagnuolo), dall’assessore Antonio Prezioso (Fli) ed infine dall’assessore Dimitri Musto (in rottura con la sezione cittadina del Psi). A sostenere il ricorso anche l’intervento ad adiuvandum dell’associazione milanese «Per il laboratorio di democrazia paritaria» che sta promuovendo in tutta Italia i ricorsi contro le giunte che non rispettano la parità.  

Ecco la Sentenza:

N:02251/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01066/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1066 del 2012, proposto da:
Ulderico Pacia, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Teresa Tarsitano e Arturo Iaione, con quest’ultimo elettivamente domiciliato in Salerno, via M. Durazzo,1c/o avv. Luciano Bello;

contro

Sindaco del Comune di Atripalda;
Comune di Atripalda, in persona del Sindaco legale rappresentante p. t. , rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Vetrano, con il quale elettivamente domicilia in Salerno, c/o avv. Antonio Brancaccio largo Dogana Regia 15;
nei confronti di
Luigi Truccia, Antonio Iannaccone, Giuseppe Spagnuolo, Antonio Preziosi, Dimitri Musto;
e con l’intervento di ad adiuvandum:
Associazione Art.51 – Laboratorio di democrazia paritaria, in persona del suo legale rappresentante p. t. Angela Ronchini, con sede in Brescia, Via G. Pascoli n. 3 ed il Movimento italiano donne attive in politica, (M.I.D.ATT.) in persona del suo presdidente Tiziana Fraterrico, con sede legale in Momza, Via Manzoni n. 36, tutti rappresentati e difesi dall’avv. Daniela Greco, con domicilio eletto presso Daniela Greco in Salerno, c/o Segreteria Tar;
per l’annullamento

del decreto sindacale 6273/12 del 18.5.2012 relativo alla nomina dei componenti della giunta comunale; di ogni atto connesso

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Atripalda;

Visto l’atto di intervento delle associazioni sopra indicate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2012 il dott. Francesco Gaudieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 FATTO

1. Con ricorso, notificato in data 5 luglio 2012 e depositato il 13 luglio 2012, il ricorrente, consigliere comunale eletto nelle liste di maggioranza del comune di Atripalda, impugnava il decreto sindacale prot. n. 6273 del 18/05/2012 di nomina della nuova Giunta, verbalizzato nella delibera di Consiglio comunale n. 11 del 21/05/2012, assumendone l’illegittimità per violazione e falsa applicazione degli art. 51 Cost., dell’art. 6 TUEL d.lgs. 267/2000 e dell’art. 31 dello Statuto del Comune di Atripalda, nonchè per eccesso di potere per violazione di autolimiti, sviamento, falsità del presupposto motivazionale ed illogicità manifesta.

Deduceva, in particolare, il ricorrente che l’assenza in Giunta di rappresentanti del genere femminile in quanto composta interamente da assessori di sesso maschile (cd. monogenere) non garantisse il rispetto del principio costituzionale sancito all’art. 51 Cost. di promozione delle pari opportunità tra uomini e donne, così come specificato in particolare dall’atto fondamentale del Comune.

2. Si è costituito in giudizio il Comune di Atripalda, resistendo al ricorso ed eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità dello stesso per difetto di giurisdizione, attesa l’insindacabilità degli atti politici sancita dall’art.7 cpa, tra cui rientrerebbe anche il decreto sindacale di nomina della Giunta comunale, nonchè sotto gli ulteriori profili del difetto di legittimazione e carenza di interesse del ricorrente. Nel merito, resistendo alle censure avversarie, la difesa dell’ente ha ribadito la legittimità dell’atto di nomina dell’esecutivo comunale, specie alla stregua della mancanza di immediata precettività dell’art. 51 Cost e dell’ordito motivazionale del provvedimento, ove si è fatto rilevare la non perseguibilità delle pari opportunità, dovendo prioritariamente vertere la designazione degli assessori su persone con pregressa esperienza politica e/o amministrativa.

3. Con atto di intervento del 6 settembre 2012 si costituivano in giudizio ad adiuvandum le associazioni art. 51- Laboratorio di democrazia paritaria e Movimento italiano donne attive in politica – M.I.D.ATT, che in quanto enti esponenziali dell’interesse diffuso alla parità di genere, annoverato tra gli scopi fondanti perseguiti e tutelati dei rispettivi atti costitutivi e statutari, eccepivano l’illegittimità del decreto sindacale prot. n. 6273 del 18/05/2012 perchè illegittimo in quanto contrastante con gli artt. 3, 51 e 117, comma 7, Cost. ; con l’art. 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e con l’art. 1 Dlgs 11/04/2006 n.198;

I controinterressati assessori comunali non si costituivano in giudizio benchè il ricorso fosse stato a tutti regolarmente notificato.

Alla pubblica udienza del giorno 25 ottobre 2012, udite le parti presenti come da verbale d’udienza, la causa veniva trattenuta per la decisione.

DIRITTO

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

1. Occorre preliminarmente esaminare le eccezioni pregiudiziali di inammissibilità del ricorso sollevate dalla difesa comunale.

1.1 L’inammissibilità viene dedotta, in primo luogo, sotto il profilo del difetto di giurisdizione del giudice adito, affermandosi la riconducibilità dell’atto sindacale di nomina degli assessori alla categoria degli atti politici, insindacabili dal potere giurisdizionale in quanto emanati nell’esercizio del potere politico alla stregua di quanto disposto dapprima dall’art. 31 T.U. del Consiglio di Stato n. 1054 del 1924 e poi dall’attuale art. 7, comma 1, d.lgs. n. 104/ 2010.

L’assunto difensivo non merita accoglimento, ritenendo il Collegio di aderire alla ferma giurisprudenza del Consiglio di Stato che, in relazione al principio di indefettibilità della tutela giurisdizionale sancito agli artt. 24-103-113 Cost., restringe ad un numerus clausus la categoria degli atti sottratti al sindacato del giudice, in quanto espressione di scelte libere nel fine e finalizzati alla tutela di primari interessi dello Stato. La insindacabilità si giustifica, sotto il profilo soggettivo, in ragione della provenienza degli atti da organi aventi rilievo Costituzionale preposti all’indirizzo e alla direzione al massimo livello della cosa pubblica e, sotto il profilo oggettivo, in ragione del contenuto concernente la costituzione, la salvaguardia ed il funzionamento dei pubblici poteri nella loro organica struttura e coordinata applicazione (ex multis ord. CdS, sez. IV , 29 luglio 2008 n. 3992 Sez. IV, n. 1397 del 12.3.2001 e n. 217 del 29.9.1996).

Detti caratteri soggettivi e oggettivi, che sottraggono l’atto politico al controllo giurisdizionale al fine di evitare l’ingerenza del potere giudiziario in altri poteri (Cass. SS.UU. 18 maggio 2006, n.11623) non possono ravvisarsi nell’atto con cui il Sindaco provvede alla scelta dei membri dell’organo esecutivo del comune.

Né le considerazioni svolte possono essere incrinate dalla constatazione del mutato assetto dei rapporti istituzionali tra Stato ed Autonomie territoriali e locali alla luce della riforma del titolo V della Costituzione, che secondo alcuni dovrebbe condurre ad una rivisitazione della categoria degli atti politici. Occorre infatti ribadire che il principio della tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione (art.113 Cost.) ha valenza generale e concerne tutte le amministrazioni, anche a rilievo autonomo e di elevato rango costituzionale, per cui deroghe al principio possono ammettersi purché ancorate a norme di carattere costituzionale. Detto ancoraggio non è ravvisabile rispetto all’atto sindacale di nomina della Giunta comunale, in ragione dell’autonomia pure riconosciuta dalla Costituzione agli enti locali. La stessa Costituzione all’art.117, nel ripartire la competenza legislativa tra Stato e Regioni, assegna alla competenza legislativa statale in via esclusiva la materia della “legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali dei comuni, province e Città metropolitane”, subordinando, dunque, l’autonomia riconosciuta dall’art.114 Cost., comma 2, non solo ai principi costituzionali ma, come poi chiarisce la L. n.131 del 2003 (cd. legge La Loggia) anche ai principi generali in tema di organizzazione pubblica, nel rispetto di quanto stabilito dalla legge statale in attuazione dell’art.117, secondo comma, lettera p) della Costituzione (v. sent. CdS, sez.V, 23 gennaio 2007, n.209).

Dunque emerge la scelta legislativa di un modello di governo locale unitario, definito in termini omogenei e sottratto alle più differenti scelte autonome, cui è invece affidata la disciplina dell’organizzazione degli enti locali, attraverso l’esercizio di autonomia normativa (statutaria e regolamentare) ma pur sempre nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento (sanciti a livello costituzionale e di legislazione ordinaria) di cui si è detto.

Alla luce delle considerazioni svolte il Sindaco non può ritenersi organo di rilievo costituzionale .

Nè tantomeno, sotto il profilo oggettuale, l’atto di nomina degli assessori comunali può essere inteso come un atto non amministrativo involgente scelte di carattere politico, atteso che esso «non contiene scelte programmatiche né individua i fini da perseguire nell’azione di governo con relativi contenuti, non costituendo, dunque, atto (di indirizzo) politico e neppure direttiva di vertice dell’attività amministrativa» (v. Tar Campania Napoli I, n. 1985/2011).

L’elevato contenuto discrezionale che connota le valutazioni di opportunità che ispirano la composizione della Giunta e l’individuazione dei suoi membri, in ragione del rapporto di natura fiduciaria che si instaura tra assessori e Sindaco, rende agevole l’inquadramento dell’atto di nomina dell’organo giuntale tra quelli di alta amministrazione, come tale non svincolato dal raggiungimento di predeterminati obiettivi e con conseguente sottoposizione al sindacato giurisdizionale sotto il profilo non dell’opportunità della scelta ma dell’osservanza delle disposizioni che attribuiscono, disciplinano e conformano il relativo potere (sia pur latamente) discrezionale, e, dunque, con riferimento ai canoni della ragionevolezza, coerenza ed adeguatezza motivazionale.

Ne consegue la piena ammissibilità del ricorso, scrutinabile dal giudice amministrativo in quanto relativo ad un atto oggettivamente e soggettivamente amministrativo, a fronte del quale non possono non configurarsi posizioni di interesse legittimo in relazione al rispetto dei parametri di legittimità procedimentale e sostanziale che delimitano l’esercizio del potere sindacale.

1.2 L’inammissibilità del ricorso viene altresì dedotta sotto il profilo del difetto di legittimazione ad agire in capo al ricorrente.

A giudizio della difesa del Comune resistente, non sussisterebbe in capo al ricorrente una posizione sostanziale qualificata e differenziata, pregiudicata in conseguenza del decreto sindacale di nomina della Giunta comunale di Atripalda. Secondo l’assunto difensivo, infatti, la legittimazione dei consiglieri comunali ad impugnare atti dell’ente può ravvisarsi solo ove si contesti una lesione diretta delle loro prerogative, ossia del munus loro riconosciuto dall’ordinamento, mentre nel caso di specie il ricorrente consigliere comunale è stato posto in condizione di adempiere al mandato ricevuto.

Tale prospettazione non può essere condivisa dal Collegio.

In primo luogo occorre evidenziare che la legittimazione generale dei consiglieri comunali ad impugnare il provvedimento di nomina degli assessori si rinviene già nell’art. 47 D.lgs 267/2000 (Testo Unico degli Enti Locali) ove si prevede che la designazione dei membri della Giunta municipale possa ricadere sui consiglieri comunali, qualificandone in tal modo la relativa posizione rispetto al quivis de populo . I consiglieri comunali sono, dunque, portatori di un interesse non di mero fatto, bensì concreto e differenziato a che il Sindaco, nella nomina dei componenti dell’organo giuntale, rispetti tutte le cogenti disposizioni normative che indirizzano e conformano il relativo potere.

Detta legittimazione si specifica ulteriormente attraverso la previsione statutaria (art.31) che impegna l’azione dell’ente ad adottare tutte le misure per attuare e garantire la pari opportunità tra uomini e donne, in particolare, promuovendo la presenza della rappresentanza femminile nella Giunta municipale, atteso che può configurarsi in capo ai consiglieri comunali di entrambi i sessi uno specifico interesse ad agire per garantire l’attuazione delle disposizioni dello Statuto comunale, che costituisce riflesso della fondamentale funzione normativa consiliare (v. sent. Tar del Lazio, sez. II n. 6673/2011).

Inoltre, va rilevato che nell’attuale quadro giuridico in cui operano le autonomie locali, l’attuazione del munus del consigliere comunale passa necessariamente attraverso le reciproche interrelazioni che scaturiscono dall’attività di confronto e collaborazione istituzionale tra gli organi fondamentali dell’Ente. In particolare, l’art. 48 TUEL individua nella Giunta l’organo esecutivo, deputato alla attuazione degli indirizzi generali del Consiglio, mentre l’art. 42, comma 3, prevede la partecipazione del Consiglio comunale alla definizione, adeguamento e verifica dell’attuazione delle linee programmatiche da parte del Sindaco e singoli assessori.

Ciascun consigliere ha dunque uno specifico interesse qualificato e differenziato affinchè la scelta dei componenti della giunta avvenga nel rispetto dei criteri conformativi dell’esercizio del potere di nomina, in modo tale da consentire agli stessi di avvalersi, nell’esercizio del munus affidatogli dal corpo elettorale, dell’apporto qualificato e variegato di esperienze e professionalità dell’organo esecutivo cui è affidato, tra l’altro, il compito di tradurre in indirizzi specifici gli obiettivi fissati in termini generali dal Consiglio.

In ultimo luogo, come è stato più volte ribadito dalla giurisprudenza amministrativa, l’azione con cui si il singolo consigliere comunale fa valere la pretesa alla legittimità dell’attività degli organi comunali è altresì strumentale alla tutela della propria immagine, essendo egli portatore di un personale interesse morale a ricorrere quale componente di una istituzione che, verso l’esterno, opera – nel complesso- nel rispetto della legge (Tar Lecce, prima sezione, 12 maggio 2006, n. 2573) e dei valori costituzionali fondanti, tra i quali senz’altro un ruolo di primario piano è ascritto al principio di parità di genere (art. 51 Cost.).

Ne emerge un quadro in cui, sul piano delle tutele, risulta definito l’interesse giuridicamente qualificato e differenziato dei consiglieri comunali posto a fondamento della legittimazione ad agire sia ove vengano in rilievo atti incidenti sul diritto all’ufficio e sia ogni qual volta si tratti di contestare in sede giurisdizionale la legittimità dell’azione degli organi politici dell’ente di appartenenza sotto ogni profilo, in ragione di un interesse giuridicamente rilevante di ciascun consigliere comunale ad impedire che l’organo politico di riferimento istituzionale agisca in spregio al principio di legalità sostanziale. (cfr. Tar Puglia Lecce 24.2.2010 n. 622).

Sulla base delle precisate considerazioni va quindi respinta l’eccezione di difetto di legittimazione al ricorso con riferimento all’odierno ricorrente.

1.3 L’inammissibilità del ricorso viene infine eccepita dalla difesa del Comune sotto il profilo della carenza di interesse non potendo il ricorrente, di sesso maschile, conseguire alcun effettivo vantaggio dalla eliminazione del provvedimento impugnato, dovendo la rappresentanza di genere essere ripristinata attraverso la nomina di componenti di sesso femminile nella giunta di Atripalda.

Ritiene il Collegio che l’interesse al ricorso non è prerogativa esclusiva dei soli consiglieri comunali di sesso femminile. La garanzia dell’equilibrio di genere in seno agli organismi politici esecutivi risponde, infatti, non solo all’interesse degli appartenenti al sesso di volta in volta non adeguatamente rappresentato, ma riflette anche l’interesse generale, riconducibile al principio di buon andamento dell’azione pubblica (art. 97 Cost.), che, attraverso l’accesso paritario agli uffici pubblici e cariche elettive, la collettività intera possa beneficiare dell’apporto personalistico e qualificato di valori e competenze di cui sono portatori, nella diversità, i soggetti appartenenti ad entrambi i generi. Ne consegue che ogni consigliere comunale ha interesse a contestare la violazione della parità democratica, onde ripristinare l’equilibrio di genere in conformità ai vincoli di obiettivo apposti al potere sindacale di nomina dei componenti della giunta comunale.

Va altresì rilevato che l’esigenza di ripristino della rappresentanza femminile nella giunta comunale sia sotto un profilo qualitativo che quantitativo potrebbe indurre il sindaco, nell’esercizio dei suoi poteri latamente discrezionali, opportunamente motivandone le ragioni, a rivedere anche in toto l’intera composizione dell’organo giuntale e relative ripartizione delle deleghe, ovvero a procedere alla sostituzione anche di più componenti, qualora le relative competenze possano dirsi in tutto o in parte assorbite in ragione dell’ingresso in Giunta del nuovo prescelto, senza essere necessariamente tenuto alla sostituzione, meramente aritmetica, di singoli assessori di sesso maschile con il corrispondente numerico di componenti di sesso femminile.

Ne consegue, anche sotto il profilo dell’ interesse al ricorso, la piena ammissibilità dello stesso, che va quindi delibato nel merito.

2. Passando all’esame nel merito del ricorso, il Collegio ritiene che l’atto sindacale di nomina della giunta comunale di Atripalda prot. n. 6273 in data 18/05/2012 sia illegittimo e pertanto vada annullato per le motivazioni che seguono.

Sia il ricorso dell’odierno ricorrente che l’atto di intervento delle associazioni private art. 51- Laboratorio di democrazia paritaria e Movimento italiano donne attive in politica – M.I.D.ATT, convergono nell’articolazione dei motivi di censura nella parte in cui lamentano la violazione del principio delle pari opportunità, sia pure assumendo a parametri di riferimento diverse disposizioni normative: l’art. 51Cost, l’art. 6 TUEL e l’art. 31 dello Statuto comunale di Atripalda – il primo e gli artt. 3, 51 e 117, comma 7, Cost. , art. 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e art. 1 Dlgs 11/04/2006 n.198 – le seconde.

In particolare si assume che l’atto di nomina della Giunta comunale sia soggetto al rispetto di parametri giuridici di legittimità procedimentale e sostanziale, che delimitano l’esercizio del relativo potere di scelta da parte del Sindaco, e che detti parametri conformativi, idonei a delimitare i confini della discrezionalità politica, sono stati disattesi in relazione al vincolo concernente la garanzia della rappresentanza di entrambi i sessi nella compagine assessorile.

Il comune resistente eccepisce la mancanza di precettività delle norme costituzionali, ordinarie e secondarie che riconoscerebbero, solo a livello promozionale e programmatico, il principio della parità di genere, non essendo pertanto idonee a conformare il potere di scelta dei membri della Giunta comunale da parte del Sindaco.

La giurisprudenza amministrativa, confortata anche dalla conforme interpretazione del principio fornita dalla Corte Costituzionale, ha in più occasioni riconosciuto all’art. 51 Cost. (che sancisce «tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini».) valore di norma cogente e immediatamente vincolante, come tale idonea a conformare ed indirizzare lo svolgimento della discrezionalità amministrativa ponendosi rispetto ad essa quale parametro di legittimità sostanziale (ex multis Corte Cost. n. 4/2010; Tar Campania – Napoli, sez. I, sentt. n. 12668 del 2010 e nn. 1427 e 1985 del 2011).

Il principio in questione è stato inteso in primo luogo come immediato svolgimento del principio di uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 Cost., non solo nella sua accezione negativa (come divieto di azioni discriminatorie fondate sul sesso), ma anche positiva, impegnando le Istituzioni alla rimozione degli ostacoli che di fatto impediscono la piena partecipazione di uomini e donne alla vita sociale, istituzionale e politica del Paese.

Ma la pregnanza del principio nel tessuto ordinamentale, come in parte già rilevato più sopra, si svolge anche su un ulteriore piano dei valori costituzionali, giungendosi ad una più consapevole individuazione della sua valenza trasversale nella misura in cui lo si ricollega, in chiave strumentale, al principio di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa: la rappresentanza di entrambi i generi nella compagine degli organi amministrativi, specie se di vertice e di spiccata caratterizzazione politica, “garantisce l’acquisizione al modus operandi dell’ente, e quindi alla sua concreta azione amministrativa, di tutto quel patrimonio, umano, culturale, sociale, di sensibilità e di professionalità, che assume una articolata e diversificata dimensione in ragione proprio della diversità del genere” (Tar del Lazio sent. n 6673/2011).

Il principio costituzionale così inteso, irradia di sè ulteriori disposizione poste dal legislatore ordinario a tutela della effettiva realizzazione della parità tra uomini e donne: il codice delle pari opportunità tra uomo e donna (d.lgs. 11 aprile 2006, n. 198), all’art. 1, comma 4, precisa che «l’obiettivo della parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere tenuto presente nella formulazione e attuazione, a tutti i livelli e ad opera di tutti gli attori, di leggi, regolamenti, atti amministrativi, politiche e attività», mentre l’art. 6 TUEL (d.lgs 267/2000) al comma 3 prevede «Gli statuti comunali e provinciali stabiliscono norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della legge 10 aprile 1991, n.125, e per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del comune e della provincia, nonchè degli enti, aziende ed istituzioni da esso dipendenti».

Inteso nei termini sopra specificati il principio di parità si pone come vincolo per l’azione dei pubblici poteri nello svolgimento della discrezionalità loro consegnata dall’ordinamento e come direttiva in ordine al risultato da perseguire (promozione delle pari opportunità tra i generi, in funzione della parità sostanziale e del buon andamento dell’azione amministrativa), con possibilità per gli attori istituzionali di individuare le modalità per la realizzazione più appropriata dei principi in questione, purchè nel rispetto delle basilari esigenze di ragionevolezza, coerenza e adeguatezza motivazionale.

Nell’ottica del pieno perseguimento dell’obiettivo della pari opportunità tra uomini e donne lo Statuto comunale di Atripalda, all’art.31, impegna l’azione degli organi comunali ad adottare misure concrete, funzionali alla prospettiva di valorizzazione della parità di genere e tra queste prevede la promozione della concreta presenza di entrambi i sessi nella composizione degli organi dell’ente ed in particolare della Giunta comunale.

In tali termini la stessa disposizione statutaria si pone come norma cogente che rinvia inevitabilmente a coerenti successive determinazioni amministrative, di applicazione e di dettaglio, ponendosi come vincolo conformativo all’azione amministrativa in generale ed in particolare alle determinazioni sindacali di scelta della compagine assessorile.

Occorre dunque verificare se, nel caso di specie, il potere sindacale di nomina della Giunta comunale di cui all’atto sindacale impugnato prot. n. 6273 in data 18/05/2012, che esclude completamente dal suo seno la rappresentanza femminile, sia stato esercitato entro le guide della legittimità formale e sostanziale: occorre cioè scrutinare le ragioni e le modalità con cui il potere è stato speso con riferimento al paradigma normativo che impone il rispetto delle pari opportunità tra uomo e donna, prestandosi l’atto oggetto dell’odierna impugnativa al sindacato giurisdizionale di legittimità sotto i profili di razionalità, logicità e ragionevolezza.

Al riguardo il ricorrente contesta l’adeguatezza e veridicità degli stessi presupposti motivazionali, asserendo che gli stessi sono inidonei a superare i denunciati profili di violazione del principio di pari opportunità, attesa la composizione monogenere della Giunta comunale di Atripalda, in spregio ai sopra precisati principi normativi.

Il Collegio ritiene che non sia possibile affermare, sulla base degli ordinari canoni di logicità e ragionevolezza, che l’azione del Sindaco sia stata improntata alla promozione del principio di pari opportunità, posto a più livelli quale limite conformativo all’esercizio del potere, nè che siano state garantite le sottese esigenze valoriali di imparzialità e buon andamento.

Infatti, esigenze di logica e ragionevolezza imponevano, nel caso di specie, che la scelta di non rendere presenti in seno alla Giunta comunale componenti di sesso femminile, pur se, in assoluto non illegittima, fosse motivata in maniera puntuale, illustrando i confini dell’apprezzamento operato e del giudizio conseguente (v. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 20 gennaio 2012, n. 679, ed in precedenza T.A.R. Sardegna, Sez. II, 2 agosto 2011, n. 864).

All’uopo non può certo ritenersi esaustiva una motivazione, come quella addotta dal Sindaco del Comune di Atripalda, che in termini negativi si è limitata a dar conto della sussistenza di ragioni politiche e di opportunità ostative all’equilibrata presenza di entrambi i generi nella Giunta, attesa la necessità di dar conto in termini puntuali e positivi dell’attività istruttoria svolta al fine di rimuovere gli ostacoli che si frapponevano alla realizzazione delle pari opportunità. Solamente lo svolgimento di un’attività istruttoria indirizzata in via promozionale alla acquisizione in seno al nominando consesso di specifiche professionalità appartenenti al genere femminile, (anche al di fuori dei componenti del Consiglio, fra i cittadini in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere ai sensi dell’art. 47 TUEL) in grado di conciliare le esigenze di carattere strettamente politico con quelle del necessario rispetto dei vincoli legali e statutari in tema di parità di genere nella rappresentanza democratica, avrebbe potuto giustificare, in caso di comprovato esito fallimentare della stessa attività, la mancanza della componente femminile in seno alla Giunta, ove fosse acclarata la impossibilità di procedere altrimenti.

Di tale attività preventiva e promozionale non vi è traccia nell’ordito motivatorio dell’atto gravato dall’odierno ricorrente, non essendo sufficiente addurre, a giustificazione dell’atto di nomina della Giunta priva di rappresentanti del sesso femminile, la necessità di acquisire tra i suoi componenti persone aventi pregressa esperienza politicae/o amministrativa al fine di ottimizzare attività, funzioni e risultati, quasi come se il requisito in questione fosse prerogativa dei soli appartenenti al genere maschile.

Nè può dirsi, come pure fa la difesa del Comune, che, quasi per un principio di compensazione, la mancata rappresentanza del genere femminile in Giunta possa ritenersi superata dalle deleghe conferite ai consiglieri comunali di genere femminile di sovraintendere determinati settori di attività comunale. E’ di chiara evidenza,infatti, che il parametro di riferimento (rispetto del principio di pari opportunità) vada verificato alla stregua della sola composizione della compagine assessorile, essendo diversi le funzioni, i poteri e le prerogative che competono all’assessore rispetto al consigliere comunale cui siano affidati compiti di “supervisore” nelle materie oggetto di delega assessorile.

Per tutte queste ragioni il ricorso è fondato e va accolto, con conseguente pronuncia di annullamento di tutti gli atti impugnati. Assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso.

3. Le spese di giudizio possono essere compensate in ragione della complessità della questione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2012 con l’intervento dei magistrati:

Ferdinando Minichini, Presidente
Francesco Gaudieri, Consigliere, Estensore
Giovanni Sabbato, Consigliere

 L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/12/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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22 risposte a “Terremoto al Comune, Il Tar di Salerno accoglie il ricorso del consigliere Pacia per la mancanza della quota rosa: Giunta annullata. Decadono così i cinque assessori. Leggi la Sentenza”

  1. clamorosoalcibali ha detto:

    ops…peccato che le donne siano usate strumentalmente poichè nè agli ex componenti della giunta, nè al sgn. Pacia interessa una beata fava dei diritti delle donne in politica….è solo una prova di forza…..non cambierà nulla, i problemi sono altri, si rimpasterà e tutti di nuovo felici e contenti mentre atripalda letamente muore!

  2. Rosa ha detto:

    INVECE DI PENSARE A RISOLLEVARE LA CITTà PENSATE SOLO AD ESSERE PROTAGONISTI! USANDO LE DONNE PER I VS FINI, QUESTA E’ LA DIMOSTRAZIONE CHE DEVINIRVI INTELLETTUALMENTE MISERI E’ POCO……..VERGOGNATEVI!

  3. Antonio ha detto:

    altra perla di questi debuttanti allo sbaraglio ! ah ah ah è parlano di vendere le proprieta’ comunali x tappare un buco fatto da chi e chissà il xchè ?! JATIVENNE A CASA .

  4. aldo ha detto:

    Ma siete ridicoli gli uni e gli altri anzicche di risolvere le cose serie fate solo chiacchiere, vorrei sapere e vedere quanto fanno contare le donne in consiglio comunale, staremo a vedere poi verremo li in consiglio a mandarvia quel paese, vergognatevi!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

  5. A TRIADE ha detto:

    CERTO SI FA DI TUTTO PER UNA POLTRONA, IL CARO ULDERICO CI TIENE TANTO FATELO CONTENTO

  6. sibilla ha detto:

    un buco di 15milioni di euro……debiti all’infinito……..bollette non pagate…… monnezza dappertutto….. strade colabrodo ……. cacate di cani manco cioccolata……… crolli strutturali di beni comunali………. sciarriate di vigili (e i cittadini ne pagano le pene)…….. nei direttivi dei partiti presenti quante donne hanno cariche? CI PREOCCUPIAMO SE FANNO O NO FANNO GLI ASSESSORI? MA…….FACITI…….O PIACER……………….

  7. THE CLASH ha detto:

    PACIA RIDICOLO POLTRONISTA E PIU’ RIDICOLO ANCORA CHI VOTA STA’ GENTE.

  8. picchio.atripaldese ha detto:

    Questi signori, dopo una bravata simile, pensano ancora di poter avere consensi. Il sig. Pacia, chiude “in bellezza” una brillante carriera politica solo ed unicamente per colpire l’ex compagno di partito, Dimitri Musto, reo di non sottostare ai diktat dell’esimio avv. Iaione. Bravo Ulderico, peggior cosa non potevi fare… Mi compiaccio della tua sensibilità e della tua onestà intellettuale. Ma tu ed i tuoi “compari” pensate davvero che gli atripaldesi siano stupidi? Pensate davvero che qualcuno possa ancora darvi credito? E’ l’ultimo, scorretto atto che tu ed il tuo sparuto gruppetto di “pensionati” potevate fare. Sul vostro “operare politico” cala definitivamente il sipario e nella maniera più subdola e vergognosa che potevate ordire… Vergogna!!! Che Atripalda SI LIBERI definitivamente da questi “furbetti” che hanno affossato la gloriosa tradizione politica atripaldese…

  9. ah ah ah ha detto:

    grande picchio. pacia vattene a casa. e portati pure arturo. questa è davvero l’ultima.

  10. abitante atripaldese ha detto:

    Esempio lampante di un amministrazione deficitaria ancor prima di nascere. Non si può far coesistere “Volponi” come Pacia e Don Arturo che pensavano e pensano che tutti si inchinano ai loro piedi come si faceva ai tempi del Feudalismo, nella lista presentata in illo tempore questi soggetti non dovevano proprio apparire, si già apparire nè all’interno nè all’esterno perchè fanno danni.
    Paolo inserisci la quota rosa e manda a casa questi obsoleti e datti una mossa a far Risorgere la Città che sta morendo.

  11. diogene ha detto:

    siete solo dei poveri …………..il rispetto della legge è a tutela di tutti.
    Pacia non farà l’assessore sia per evidenti ragioni, sia perchè non è affatto interessato a farlo.
    Un Sindaco è chiamato a rispettare la legge, se ciò non fa procura danno alla città per il vantaggio di pochi.
    Vi chiedo, a tutti voi anime pure, se un atto del Sindaco vi danneggia cosa fate? lo ringraziate?
    Un Sindaco deve agire nell’interesse di tutti, non solo per i suoi sodali!
    Intanto l’atto illegittimo del Sindaco ha procurato danno alla città di Atripalda pagando con la cassa comunale l’onorario al suo avvocato: siete contenti? va bene cosi? allora non lamentatevi dell’aumento dell’IMU, dell’aumento della TARSU, dell’aumento delle mensa scolastica, del malgoverno della città.

  12. LIBERO ha detto:

    …. ADESSO CHE IL SIGNOR PACIA HA SFOGATO LE SUE FRUSTRAZIONI CON QUESTA INUTILE PRESA DI POSIZIONE SPERIAMO CHE IL SINDACO SI POSSA ADOPERARE A RISOLVERE UN ENNESIMO PROBLEMA IN PIU’ DEI TANTI TROVATI IN UN ACCUMULO DI GESTIONI CLIENTELARI CHE HANNO DISTRUTTO IL PRESENTE ED IL FUTURO DI ATRIPALDA…….CARO SINDACO SPAGNUOLO SAPPI CHE CHI TIENE REALMENTE AL NOSTRO PAESE SA QUELLO CHE STAI FACENDO TRA MILLE DIFFICOLTA’ ED OSTACOLI ….PORTA AVANTI I TUOI PROGETTI , SONO AMBIZIOSI MA REALIZZABILI E RICORDA CHE
    ” QUESTE PERSONE ” UN GIORNO AVRANNO IL CORAGGIO DI FARTI I LORO COMPLIMENTI COME SE NIENTE FOSSE ACCADUTO…….

  13. A TRIADE ha detto:

    caro direttore quando la finira’ di “tagliare” i miei post? forse perche’ dico le cose veritiere e a lei non piacciono.

  14. xeno ha detto:

    Ancora Iaione e Pacia hahhahahahaaaaaaaaaa sono cose da cineteca da film di Ridolini!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

  15. MARIO ha detto:

    A CASA INCOMPETENTI !

  16. azz ha detto:

    Ebbene ad Ulderico delle quote rosa non importa granchè, così come non importano al sindaco. A me importa sapere ma i soldi per gli avvocati di difesa davanti al tar li tirano fuori gli atripaldesi! speriamo che la nuova giunta arrivi a settembre così fanno meno danni e sparagnamo circa 5000 euro al mese e non abbiamo incompetenti

  17. Monello ha detto:

    Ma tenino tutti sti soldi ra spenne? In tutto questo vanno bene sempre gli avvocati…

  18. giorgetto ha detto:

    non capisco quelli che se la prendono con Pacia.
    Che bisognava inserire le quote rosa in giunta, lo sapevano anche i bambini.
    In questo momento, costituirsi in giudizio al TAR, per una causa persa inpartenza, mi sembra sciocco e da dilettanti. Se poi ci mettiamo che il sindaco è anche un avvocato, allora c’è da preoccuparsi.
    La colpa non è di Pacia, ma di chi ha voluto continuare nell’errore. Questo mi sembra evidente.
    Ma ho la netta sensazione che a scrivere questi commenti siano gli stessi appartenenti alla maggioranza

  19. munnezzadinatale ha detto:

    SI, MA STA’ MUNNEZZA A TERRA A VOLIMMO LEVA’…CHE SHOPPING DEVONO ASPETTARSI STI POVERI COMMERCIANTI,
    CMQ ANCHE A CARATTERE COMUNALE CRESCE IL SENTIMENTO ANTIPOLITICO DELLA GENTE CHE E’ STUFA DI SENTIR PARLARE DI QUESTIONI CHE NON CI RIGUARDANO…VERGOGNATEVI!

  20. THE CLASH ha detto:

    VOLEVO VEDERE SE PACIA STAVA AL POSTO DI MUSTO SE INTENTAVA IL RICORSO PER LE QUOTE ROSA…VERGOGNATI PACIA!!! A’ MUNNEZZA SI LEVA SOLO SE: 1) CI FACCIAMO SOTTOMETTERE (PER DIRE ALTRO) DA IRPINIAMBIENTE (con aumenti ulteriori della Tarsu, visto che dobbiamo MANTENERE un carrozzone politico; 2) RISPARMIAMO SULLE LUMINARIE E GIRIAMO I SOLDI A IRPINIAMBIENTE. AUGURIII!!!!!

  21. Dux Mea Lux ha detto:

    Non consentiremo a nessuno di riscrivere la nostra storia” – “Noi non faremo riscrivere da voi la nostra storia, non lo consentiremo”, ” Si non lo consentiremo, perchè la storia ci appartiene, anche perché quando la storia la riscrivete voi, usate il bianchetto per le cose che non vi convengono e l’evidenziatore per quelle che vi convengono. Noi la storia la possiamo narrare per costruire un futuro migliore,voi No”.

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