Ventesimo anniversario della Grotta di Lourdes ” ‘A Preta ra Maronna “, raduno e pellegrinaggio di fedeli
Pubblicato in data: 30/8/2013 alle ore:10:30 • Categoria: Cultura •Si sono svolte lunedì 26 agosto le celebrazioni per il 20° anniversario dell’inaugurazione della Grotta di Lourdes ” ‘A Preta ra Maronna”. Ad organizzare i festeggiamenti la parrocchia di S. Ippolisto Martire guidata dal parroco don Enzo De Stefano.
Dopo il raduno presso il centro di Comunità di Contrada Ischia, si è svolto il pellegrinaggio verso la Grotta, ubicata lungo salita Palazzo in via Serino, con la recita del Santo Rosario. A concludere la manifestazione religiosa una messa presieduta da Mons. Luigi Barbarito.
Sono trascorsi venti anni da quando Monsignor Antonio Forte, vescovo di Avellino, benedisse ed aprì al culto la cappella all’aperto dedicata alla Madonna di Lourdes sulla collina del castello di Atripalda, località “‘a preta ra Maronna “. Era il 31 Maggio 1993.
Alcuni luoghi di devozione alla Madonna in Atripalda, nei rioni più antichi e popolari, ci sono stati da tempo: la cappellina della Madonna delle Grazie vicino alla Dogana vecchia, il quadro della Madonna di Montevergine sotto l’Arco, e la così detta” Pietra della Madonna” sulla salita al Castello.
Ovviamente la festa della Madonna del Carmine, Patrona principale della cittadina del Sabato, è sempre la più solenne e partecipata. Anche la devozione alla Vergine Immacolata ha un posto speciale per gli altari ad essa dedicati nella Chiesa Madre e nella Arciconfraternita che da essa prende il nome. Si può anche aggiungere a completare la lista la devozione alla Madonna del Rosario, nella chiesa della omonima confraternita, adiacente al Palazzo Civico.
La festa della Madonna delle Grazie, nel suo aspetto popolare scomparve con la distruzione della cappella insieme all’edificio che la inglobava, la sera di quel terribile terremoto del novembre 1980. Oggi il bel quadro seicentesco della Madonna delle Grazie, salvato dalle macerie, è conservato in un vano del palazzo ricostruito, dove ogni anno, il 2 luglio, festa liturgica della Madonna delle Grazie, si celebra la S. Messa per la devozione dei fedeli. Anche l’Arco che segnava la porta di accesso al borgo storico di Capo la Torre subì la medesima sorte. Ma da alcuni anni, ricostruito l’antico quartiere, l’immagine della Madonna di Montevergine vi è stata riposta ed ai primi di settembre si celebra la festa rionale con gioiosa e devota partecipazione di molta gente. Rimaneva da rivalutare e sostanziare con un segno evidente di culto e di pietà ” ‘A Preta ra Maronna “. Si trattava di un cavo nella roccia con lo spazio per sedersi. Nella tradizione popolare il pezzo di rocca irpina rievocava la leggenda di una presunta sosta della Madonna nel suo cammino per stabilirsi nel celebre Santuario sulla montagna che da essa prese il nome. N on vi è estraneo anche il fatto che quel lato nord-est del Partenio, dominante la verde e ubertosa valle del Sabato, la montagna si presenta al viaggiatore in tutta la sua maestà e bellezza. La spiegazione del riferimento ad una immaginaria sosta della Madonna in quel luogo è molto probabilmente connessa alla sosta che fece ad Atripalda San Guglielmo da Vercelli alla ricerca di un luogo solitario e selvaggio in Irpinia, dove continuare la sua vita eremitica.
In quel tempo Atripalda era un piccolo borgo di contadini ed artigiani sorto ai piedi della collina sulla quale dominava il castello longobardo del conte Truppoaldo e dei suoi discendenti. Costruito a difesa e controllo dei percorsi collinari e montani, che portano, attraverso i territori di Serino e Solofra, a Salerno, uno dei centri del potere dei principi longobardi. Al tempo di San Guglielmo i Normanni si erano già sostituiti ai signori discendenti di quel popolo che aveva invaso l’Italia a partire dalla fine del VI secolo e fondato il ducato longobardo di Benevento, che fu per alcuni secoli una delle istituzioni statuali più solide ed operose del Mezzogiorno d’Italia. Non è improbabile pensare che San Guglielmo, percorrendo il sentiero che portava al castello fu attratto dalla bellezza selvaggia del monte che gli si ergeva maestoso di fronte e lo ritenne molto adatto a stabilire il suo eremo e costruirvi un luogo di culto in onore della Vergine Maria Madre di Dio.
Nell’immaginazione popolare si incominciò ad associare alla sosta reale del Santo Fondatore della storica comunità Benedettina di Montevergine anche quella della Madre di Dio, sua ispiratrice e modello di vita consacrata nella preghiera e nella penitenza.
La località e la pia leggenda non furono oscurate dalla presenza, più in basso della collina, dal Palazzo, tardo rinascimentale, dei Principi Caracciolo. Tutti gli atripaldesi, a cui stanno a cuore le memorie del loro passato, si augurano che questo edificio già riconosciuto “monumento nazionale” dal governo ed ora danneggiato dall’incuria e irresponsabilità di molti, possa essere riportato al suo primitivo splendore a vanto e utilità dell’intera città.
La Cappella, come si presenta ora è frutto del lavoro delle famiglie contadine del posto, animate dallo zelo e costanza del Priore della Confraternita del Rosario Sabino Leone e del Comitato “Maria Regina”. Grazie anche all’interessamento delle autorità civili e religiose, la Cappella è diventata funzionale ed ogni anno, nell’ultimo giorno del mese di maggio, consacrato alla Vergine Maria, e in modo particolare in occasione della Festa di Maria Regina, il 22 di agosto, giorno ottavo dell’Assunta, si compiono regolari e partecipati pellegrinaggi muovendo dalla Chiesa Madre. Negli ultimi anni per iniziativa del parroco don Enzo De Stefano si è provveduto a costruire lungo la stradina di contrada Pietramara una artistica “Via Crucis”.
Sono state istallate le quattordici stazioni che ricordano i momenti rilevanti della passione di Nostro Signor Gesù Cristo, e la quindicesima, che fa riferimento al Mistero della Risurrezione, tutte offerte dalla pietà e generosità di altrettante famiglie atripaldesi. Le tegole, incastrate in una struttura portante in ferro, sono state dipinte dall’artista atripaldese Carmine Tranchese. In conclusione possiamo dire che ancora una volta la comunità cristiana di Atripalda ha contribuito con il proprio impegno e generosità a trasformare una pia e devota leggenda in un luogo di preghiera, di fede e di filiale devozione alla Madre di Dio.
Una grave dimenticanza da parte della redattrice dell’articolo. Il culto di Maria SS. Annunziata se non sbaglio è molto antico ad Atripalda.
L’articolo fa parte del libretto redatto da Don Enzo relativamente al culto de “‘A preta ra maronna”. Oltre ad esso ce n’è un altro, ma entrambi sono anonimi. Bisognerebbe quindi informarsi presso i diretti interessati.