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Estremismo islamico, la deputata Souad Sbai al convegno di PrimaveraIrpinia: «L’Italia è vulnerabile perché abbiamo sottovalutato la gravità della fratellanza mussulmana legata al jihadismo. L’Europa ha rinunciato alle sue radici e qualcuno le ha rimpiazzate». FOTO

Pubblicato in data: 16/11/2017 alle ore:08:20 • Categoria: Politica

«L’Italia è vulnerabile perché abbiamo sottovalutato totalmente la gravità della fratellanza mussulmana che è legata al jihadismo che ha un progetto politico e sociale ampio. Progetto che gode di finanziamenti miliardari. Purtroppo l’Europa ha rinunciato alle sue radici e qualcuno le ha rimpiazzate». A parlare è la giornalista e politica italiana di origine marocchina Souad Sbai intervenuta ieri sera al convegno “Il terrore e l’identità, perché siamo così vulnerabili rispetto all’estremismo islamico” promosso dal circolo locale di “PrimaveraIrpinia”.
A confrontarsi con la deputata Alessandro Sansoni, scrittore e Componente dell’esecutivo nazionale dell’Ordine dei giornalisti, e il giornalista e scrittore partenopeo Simone Di Meo. In sala ad ascoltarla tra gli altri Franco D’Ercole, Ettore de Conciliis e l’ex sindaco di Nusco Giuseppe De Mita. «L’Occidente non è stato capace di integrare – prosegue la scrittrice e deputata, eletta nelle file del Popolo della Libertà e ora vicina alle posizioni della Lega Nord -. In Italia siamo per fortuna alla seconda generazione, altri paesi stanno alla terza. Non è vero il malessere sociale e quello identitario. Sono invece i tanti soldi arrivati dal Qatar, tramite la fratellanza, spesi sulle moschee, che hanno radicalizzato tanti ragazzi. Un fenomeno che si è esteso anche nelle carceri. In Italia il punto dove si radicalizza di più è il carcere dove si fa proselitismo totale. E questo va fermato senza se e senza ma». Non nasconde preoccupazione e non condivide l’apertura fatta dal Vaticano: «La Chiesa faccia la Chiesa e lo Stato faccia lo Stato. Non si può negare che ci siano tanti morti dietro il terrorismo. L’Italia non è immune perché fino ad ora abbiamo dialogato con loro. Un errore. Fortunatamente abbiamo dei bravi Servizi ma non hanno i mezzi. Questi fanno finta di dialogare ma sono legati alla fratellanza mussulmana e lavorano per il loro progetto politico, la reislamizzazione di tutte le zone dove sono stati. Loro non fanno attentati non perché siamo belli, ma perché gli serve ancor questo passaggio. Nel momento in cui l’Italia non gli serve più, ci lasceranno alla frutta. E’ il fallimento di quel buonismo che ha concesso l’apertura di tante moschee per aprire un dialogo».
La ricetta: «I ragazzi di seconda generazione, senza generalizzare però, che sono italianissimi non bisogna farli sentire stranieri in questo momento di crisi altrimenti faremo il gioco della fratellanza mussulmana. Dobbiamo essere molto vigili, togliere quella parte marcia e bloccare i fondi che arrivano dall’estero. Aprire si moschee, ma piccole senza imam, come fanno i Paesi Arabi». Per Simone Di Meo i modelli terroristici islamici affascinano la criminalità giovanile locale «non si tratta di un modello organizzativo o ideologico, ma di un modello di violenza. Questi baby-boss hanno necessità di imporsi nel loro territorio. Non tanto il terrorismo islamico come strumento, ma come fine. Voglio inoltre sfatare un luogo comune, che il Sud Italia come la Campania siano immuni dal virus del terrorismo islamico perché c’è a presidio del territorio la criminalità organizzata. Questa è una bugia perché il più efferato dei criminali della camorra non è lontanamente paragonabile all’ultimo dei terroristi dell’Isis: benché i primi hanno in massimo disprezzo la vita altri hanno in massima considerazione la propria. Il terrorista invece mette davanti a tutto la propria vita». A confrontarsi con loro Sabino Morano:«nella società attuale, senza appartenenze e identità, l’integralismo islamico può attrarre persone, soprattutto negli ambienti a rischio, con sbocchi molto pericolosi come in Francia e Belgio dove c’è una forte componente di immigrati di seconda generazione o come il fenomeno dei convertiti cristiani che passano all’Islam radicale come il caso di Fatima, l’italiana di Torre del Greco, svelato nel suo libro da Simone Di Meo, che è diventata una combattente dell’Isis. Questo è un esempio che la Campania non è immune». In apertura i saluti del coordinatore cittadino Massimo Bimonte.

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