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Francesca Aquino in una lettera racconta le difficoltà per la pandemia dopo l’apertura di un negozio ad Atripalda: «non rinuncio al sogno di fare l’imprenditrice»

Pubblicato in data: 25/11/2020 alle ore:12:30 • Categoria: Attualità

«La mia storia di “giovane imprenditrice” inizia un mercoledì sera, ricordo che pioveva a dirotto, era quella pioggia che ti fa guardare fuori dalla finestra per quanto riesce a far rumore. Scatena torrenti di pensieri. Una storia che nasce dall’amore di mio padre e di mia madre per il loro lavoro, dal fatto che hanno saputo insegnarmi cosa e, soprattutto, quanti sacrifici e passaggi ci siano dietro un modello, un tessuto, una rifinitura. Nasce dalla voglia di provare a portare qualcosa di mio nella terra dove sono nata, da cui sono scappata e in cui sono tornata». Ha inizio così la lettera aperta di Francesca Aquino, 29 anni, titolare ad Atripalda del negozio “’68 _frallala_closet”. Racconta la propria storia, le difficoltà e lo stato d’animo vissuto in questi mesi segnati dal Coronavirus. «Da figlia di imprenditori sono stata catapultata in questo ambiente praticamente da quando sono venuta al mondo; c’è chi ancora oggi mi saluta dicendo “sembra ieri che da brava bambina disegnavi rannicchiata sotto quel bancone” un bancone a dire il vero del tutto normale ma che all’epoca, confesso, mi sembrava davvero enorme. Credo avessi 6 o 7 anni quando, chiusa la scuola per le festività natalizie, realizzai che l’unico modo per poter vivere i miei durante quel periodo dell’anno tanto speciale, fosse imparare a rendermi un po’ utile.  E così aspettavo il momento giusto, il tempo un po’ più morto della giornata, per mangiare con loro un panino o una pizza durante la pausa delle lunghe giornate di orario continuato».

Francesca non ha deciso subito di seguire le orme dei genitori Sabino e Patrizia. Il papà è stato portiere in seconda dell’Avellino ai tempi della serie A, trasferendo alla figlia quella grinta plasmata sui campi di calcio.

«Finito il liceo ho chiuso la borsa e sono andata lontano, lontano dal mio piccolo paesino, lontano dalle domeniche passate a lavorare, lontano dai giorni liberi passati in auto e negli studi di rappresentanza di mezza Italia. Mi dicevo no, io non li avrei fatti tutti quei sacrifici, non avrei rinunciato a tutto pur di fare impresa. Forse nel profondo credevo di non esser in grado di portare il peso di tutte quelle responsabilità e sacrifici».

E’ andata via per studio e lavoro, lontano dal «mio piccolo paesino del Sud Italia e, le giornate passate dietro al bancone, gli sguardi stanchi di mio padre che continuava a difendere la sua impresa nel pieno di una delle crisi economiche più lunghe della storia ad un tratto sembravano lontani. Ma in fondo più diventavano lontani, più mi rendevo conto di quanto mi mancassero».

Cosi la decisione di ritornare in Irpinia, ad Atripalda per dar vita ad «un posto tutto mio, un qualcosa che parlasse di me in ogni angolo. Una cosa che fossi io. Scelsi che avrei fatto del mio lavoro la mia vita, insomma, proprio come era stato per i miei genitori. Quel mercoledì sera, decisi che avrei tentato l’impresa di fare impresa. I “sei pazza?” “In un momento così?” “Con questa congiuntura economica?” “Ad Atripalda poi? Piovevano come nel pieno di un’alluvione. Ma io avevo deciso anche se sei una ragazzina di 27 anni che in quel paesino ci mancava da 9».

Così l’apertura di un trendy fashion store in via Appia. Poi all’improvviso la diffusione della pandemia «quei fattori che, per quanto tu possa essere attento durante la tua analisi, non avresti mai potuto immaginare di dover calcolare: come trovarsi nel bel mezzo di una pandemia mondiale, che fa sembrare la crisi degli anni scorsi quasi irrisoria rispetto al baratro che fissiamo in questi giorni. Queste cose qui alterano tutti i meccanismi del mercato e nonostante le cose ti stessero andando bene, ti ritrovi di nuovo a fissare il soffitto, ad avere le paure del primo giorno». Da qui la decisione di rimboccarsi di nuovo le maniche e di fare qualcosa per quanti come lei hanno creduto nel sogno di fare impresa. Si iscrive al movimento delle «Partite Iva Unite» co-fondato dal commercialista Antonio Gigliotti e vene nominata presidente della sezione giovani nonché vicesegretaria nazionale. Un movimento per far arrivare la voce delle partite Iva al Governo. «É questa la linea su cui voglio spendermi per il mio Paese e per la mia generazione. Vorrei poter creare una rete di cui possano far parte tutti i miei coetanei che hanno il mio stesso sogno; una comunità in cui potersi sentire un po’ meno soli e cercare una strada per poter essere un po’ più tutelati in un paese che da questo punto di vista, per chi decide di fare impresa, da troppi anni, sembra essere un acquario pieno di squali più che un perfetto ecosistema in cui convivere pacificamente con ogni specie. Vorrei dire ai ragazzi della mia generazione e a quelli delle generazioni future di non smettere di credere nei propri sogni».

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2 risposte a “Francesca Aquino in una lettera racconta le difficoltà per la pandemia dopo l’apertura di un negozio ad Atripalda: «non rinuncio al sogno di fare l’imprenditrice»”

  1. Antonella ha detto:

    Complimenti a Francesca Aquino le auguro di realizzare i suoi sogni, e soprattutto di non perdere laxsua grinta nonostante le difficoltà

  2. Ciro MUTASCIO ha detto:

    È da apprezzare per il coraggio e la determinazione, Brava avanti così. Auguri!

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