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25 Aprile, Il “Murale della Pace” di Avellino nei versi di Gabriele De Masi

Pubblicato in data: 25/4/2022 alle ore:08:52 • Categoria: Attualità
Un omaggio in versi di Gabriele De Masi al Murale della Pace, un’opera d’arte unica nel suo genere e ancora attuale, realizzato dall’allora giovanissimo Ettore De Conciliis, tra il maggio 1964 e l’ottobre 1965, commissionato da Don Ferdinando Renzulli, all’indomani della terribile crisi missilistica di Cuba, che spinse il mondo sull’orlo della guerra nucleare.
Il titolo iniziale della composizione artistica fu: “Pace, bomba atomica e coesistenza pacifica”, in seguito divenuto, più semplicemente, “Murale della pace”.
A 57 anni dalla sua realizzazione, tale opera, che adorna la monumentale parete absidale, alto 6,3 metri e lungo 22 metri, occupando una superficie di circa 130 mq, della Chiesa di San Francesco D’Assisi, a Borgo Ferrovia, verrà restaurato con l’obiettivo che diventi patrimonio dell’Unesco.
Nel Murale la figura del Poverello è talmente cruciale, che fa da spartiacque a due mondi: quello della pace e quello della guerra. Nel primo caso, l’artista si è ispirato ai volti rudi del popolo irpino. Alcuni dei quali riportano i profili di personaggi dell’epoca, come Papa Giovanni, Kennedy, Mao Tse Tung, Pavese, Dorso, Pasolini, Castro, nonché i vescovi avellinesi Pedicini e Venezia. Più drammatico il mondo relativo al male: il fungo dell’atomica, il filo spinato del lager, le orde naziste, il napalm del Vietnam, le foibe e le forche per i partigiani.


Mur
o di pace

Marciano dall’alba del mondo

gli eserciti al seguito d’insegne,

labari, stendardi, bandiere

da più spaiati colori. Profili

di soldati dietro a una baionetta

innestata di fucile, sull’attenti,

all’altezza del viso fisso più in là,

non vede la sorte che ringhia

nei cimiteri dirupati all’urlo

del lupo che marca il terreno

di filo spinato, cavalli di Frisia,

botole, linee di binario fino

al capolinea di morte, quando

versa il convoglio di carri carne

stanca al terminal ferroviario

della stazione di sterminio.

Calcano gli eserciti lontani confini,

sabbie di deserti, lastre fredde

di neve, battono la terra,

tartassa la mitraglia, soffoca

disperato il cuore, lamenta

da un muro di rovina diroccato

di bomba, implorando latte

di madre, il bimbo, a mani

tese contro il cielo né cessa

sfrenato il singhiozzo di pianto

all’eco di tonfo e Francesco, santo,

calza la vesta lisa di sacco,

nudi i piedi, gonfi di freddo

nell’inferno di speranza, insegue

volo di colomba, cerca Volto Santo

tra rocce aguzze, fascine di spine

che scambia al mercato

per un tozzo di pane d’avanzo,

nessuno le compra né s’avvicina,

nel fondale d’altare alla Ferrovia

d’Avellino, con tiranni, plebei,

peccatori e santi tutti pellegrini

all’incontro d’Eucarestia,

fermi nell’attesa che arrivi

Dio, del perdono.

 

Gabriele De Masi

 

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