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Caputo (Prc) incalza Spagnuolo: “Berlusconiani fuori tempo massimo”

Pubblicato in data: 13/7/2023 alle ore:14:15 • Categoria: Partito della Rifondazione Comunista, Politica

Il sindaco di Atripalda, Paolo Spagnuolo, è liberissimo di “buttarsi a destra”, come avrebbe detto Totò. Per lui, che nel corso degli anni ha frequentato o saltabeccato presso quasi tutto l’arco parlamentare, l’approdo alla destra sarebbe oltretutto un ritorno alle origini. Nessuna meraviglia, quindi.

Tuttavia dovrebbe farlo rispettando l’intelligenza dei suoi concittadini e senza ricorrere a grossolane mistificazioni. Quella di Berlusconi “perseguitato dai giudici”, tesi che, stando alle cronache giornalistiche, avrebbe egli sostenuto nell’ultimo Consiglio Comunale nel commemorare il leader di
Forza Italia, è una leggenda a cui possono prestare fede cortigiani e incensatori del defunto, non il primo cittadino, per di più uomo di legge, di una comunità locale.

Non è infatti il numero delle inchieste a carico di una persona che qualifica l’esistenza di un complotto ai suoi danni o definisce l’ipotetica attitudine vessatoria della magistratura, bensì, insieme all’estensione degli interessi e delle attività (nel caso di specie enormi) della persona in questione, la correttezza e la fondatezza delle inchieste stesse. La correttezza è comprovata dalle garanzie delle quali Berlusconi, come e probabilmente più di ogni altro cittadino italiano, ha potuto godere.

Per la fondatezza parlano invece gli sviluppi e gli esiti, anche parziali, delle inchieste: una condanna definitiva per frode fiscale (scontata usufruendo del ricorso alla pena alternativa dell’affidamento ai
servizi sociali), nove proscioglimenti per intervenuta prescrizione (il che non significa, ovviamente, colpevolezza, ma neppure innocenza), quattro procedimenti in corso al momento della morte (fra i quali quello per i gravissimi attentati di mafia del 1992/83), insieme a proscioglimenti e
assoluzioni strappati in molti casi in modo rocambolesco grazie a una
pletora di modifiche legislative e depenalizzazioni (le cosiddette “leggi
ad personam”), volute dal suo partito e dai suoi alleati. È decisamente un
ben strano perseguitato quello che dispone del potere di cambiare a
proprio piacimento le norme che dovrebbero essere applicate dai suoi
“persecutori”.

Quello che l’ex cavaliere e la sua parte politica hanno combattuto nel
trentennio appena trascorso è in realtà un corpo a corpo con il principio,
già borghese, di uguaglianza di fronte alla legge, che essi hanno cercato
di scardinare con tutti i mezzi a loro disposizione, leciti e meno leciti.
Il mito di un Berlusconi perseguitato dai giudici è servito a galvanizzare
quella borghesia diffusa, abituata a muoversi ai confini della legalità,
che in lui ha trovato non solo l’eroe eponimo a lungo atteso, ma un
eversore su cui contare per far prosperare i propri affari e celebrare una
rivincita di classe dopo aver subito la cessione di quote di potere e le
conquiste della classe operaia degli anni Sessanta/ Settanta e dopo il
sussulto legalitario dei primissimi anni Novanta.

In mezzo, i dorati anni Ottanta, quelli del “laissez faire”, che avevano visto i ceti possidenti ristabilire il proprio dominio, talvolta un vero e proprio tallone di ferro, sulla classe lavoratrice. Che poi una parte di quest’ultima (in misura in realtà, almeno inizialmente, di molto inferiore rispetto a
quanto raccontato dalle narrazioni dominanti), si sia lasciata irretire dalle
sirene berlusconiane e del centro-destra tutto, complici la crisi del
sindacato e il vuoto (non assoluto ma relativo, grazie alla nascita di
Rifondazione Comunista, ma pur sempre un vuoto), apertosi a sinistra in
seguito al suicidio del più forte partito comunista dell’Occidente, non
muta la sostanza della questione.

La nobilissima massima latina “de mortuis nihil nisi bonum” presuppone,
per essere pienamente rispettata, un tono di continenza e di sobrietà da
parte degli estimatori del “de cuius”. Precisamente ciò che è mancato nel
nostro Paese nei giorni appena trascorsi, con grande costernazione di
osservatori ed organi di informazione esteri. ” Le esequie e il lutto
deciso con protervia dal governo Meloni confermano che prevale la
concezione che al potere tutto è lecito. È stato organizzato uno show a
reti unificate che ha abbassato la capacità critica (….) Stupore e
amarezza non bastano perché la sostanza è politica, parla di una destra
che, arrivata al potere, lo vive come rivalsa e assenza di limiti, anche
costituzionali” ( A. Grandi, “Il Manifesto”, 20 giugno).

Il punto più basso della colossale kermesse che ha accompagnato i funerali di Berlusconi si è toccato con i beceri cori anticomunisti urlati in piazza del Duomo a Milano. Sono stati questi ultimi, e non le critiche argomentate formulate da quanti non si sono mai piegati al sistema di potere berlusconiano, ad aver violato il rispettoso contegno che deve caratterizzare il momento del lutto.

Come ha affermato il segretario nazionale del PRC, Maurizio Acerbo, “orgogliosi di essere stati dall’altra parte della barricata, ringraziamo per quei cori anticomunisti che ci onorano. I nostri principi, valori e programmi sono l’antitesi del berlusconismo. Se il centrosinistra ha
combattuto e poi governato con Berlusconi, condividendone e realizzandone
i programmi, noi abbiamo invece contrastato gli interessi e le logiche che
Silvio Berlusconi rappresentava e il modello sociale che proponeva”.

Luigi Caputo
Partito della Rifondazione Comunista – Atripalda
Federazione Provinciale Avellino

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